Congedi di maternità, apprendistato, contratti a termine e la minaccia del precariato: un’analisi del decreto lavoro, prima parte del Jobs Act di Renzi, ne parla la dottoressa Rocchina Staiano, esperta in diritto e sicurezza del lavoro in una intervista concessa alla testata on line”LeggiOggi”
Il Jobs Act sta per completare il primo pezzo: nei prossimi giorni, il decreto sui contratti a termine diventerà legge. Il cammino, però, non è stato affatto semplice, con i due voti di fiducia a cui è dovuto ricorrere il governo in prima e seconda lettura, e con la probabilità di concedere il tris nei prossimi giorni alla Camera.
Ma quali saranno le reali modifiche alla legge apportate da questo provvedimento?
Ne parla la dottoressa Rocchina Staiano, esperta in diritto e sicurezza del lavoro, docente e formatore qualificato, nonché autrice di numerosi saggi sul tema in una intervista rilasciata a Leggi Oggi.
Sul tema, è stato redatto un e-book, a firma dell’esperta Rocchina Staiano, il quale ha la ratio di analizzare le modifiche che il D.L. 20 marzo 2014, n. 34, c.d. Jobs Act, recante “Disposizioni urgenti per favorire il rilancio dell’occupazione e per la semplificazione degli adempimenti a carico delle imprese”, apporta al diritto del lavoro. L’autore dopo avere in premessa illustrato le linee guida del decreto legge fa un confronto critico tra la Jobc Act del Governo Renzi e la Jobs Act di Obama, per poi illustrare in dettaglio le modifiche intervenute nei singoli contratti: a termine, indeterminato, di somministrazione, apprendistato, di solidarietà, mettendo in risalto per ogni tipologia contrattuale gli aspetti critici e di coordinamento – per la mancanza di una normativa transitoria – e in alcuni casi suggerendo possibili soluzioni.
In generale, quali sono le tipologie di contratti toccate dal decreto che il governo sta convertendo in legge a suon di voti di fiducia?
Il D.L. 34/2014, che dovrà essere convertito in legge entro maggio 2014, va a modificare:
il contratto a termine, il contratto di somministrazione a tempo determinato, e l’apprendistato.
Quali sono le modifiche più importanti per i contratti a termine?
Il decreto che si sta convertendo va a modificare il D. Lgs. 368/2001 e successive modifiche, che regola il contratto a termine, il quale prevede, in primo luogo, l’innalzamento da 1 a 3 anni, comprensivi di un massimo di 5 proroghe (8 proroghe nel testo originario del decreto-legge), della durata del rapporto a tempo determinato (anche in somministrazione) che non necessita dell’indicazione della causale per la sua stipulazione.
A fronte dell’eliminazione della causale, viene introdotto un “tetto” all’utilizzo del contratto a tempo determinato, stabilendo che il numero complessivo di rapporti di lavoro a termine costituiti da ciascun datore di lavoro non può eccedere il limite del 20% dei lavoratori a tempo indeterminato alle sue dipendenze(criterio più restrittivo rispetto al “20% del’organico complessivo” previsto nel testo originario del decreto-legge).
Il superamento del limite comporta solo una sanzione amministrativa; mentre nel testo originario del decreto-legge non prevedeva alcuna conseguenza per il superamento del tetto. Il limite del 20% non trova applicazione nel settore della ricerca, limitatamente ai contratti a tempo determinato che abbiano ad oggetto esclusivo lo svolgimento di attività di ricerca scientifica, i quali possono avere durata pari al progetto di ricerca al quale si riferiscono.
Inoltre, è stata prevista una disciplina transitoria che (fermi restando comunque i diversi limiti quantitativi stabiliti dai vigenti contratti collettivi nazionali) per i datori che alla data di entrata in vigore del decreto-legge occupino lavoratori a termine oltre tale soglia, l’obbligo di adeguamento al tetto legale del 20% scatta a decorrere dal 2015, sempre che la contrattazione collettiva (anche aziendale) non fissi un limite percentuale o un termine più favorevoli.
Infine, varie disposizioni sono volte ad ampliare e rafforzare il diritto di precedenza delle donne in congedo di maternità per le assunzioni da parte del datore di lavoro, nei 12 mesi successivi, in relazione alle medesime mansioni oggetto del contratto a termine.
Come cambiano nello specifico con il Jobs Act i contratti di apprendistato?
Il decreto che si sta convertendo in legge modifica in più parti il D. Lgs. 167/2011, che regola l’apprendistato. Sul punto, è previsto, in primo luogo, la modalità semplificate di redazione del piano formativo individuale (per il quale il testo-originario del decreto-legge faceva venir meno l’obbligo previgente di redazione in forma scritta), sulla base di moduli e formulari stabiliti dalla contrattazione collettiva o dagli enti bilaterali.
Per quanto concerne la stabilizzazione degli apprendisti (ossia la loro assunzione con contratto a tempo indeterminato a conclusione del periodo di apprendistato), il decreto-legge riduce gli obblighi previsti dalla legislazione previgente ai fini di nuove assunzioni in apprendistato (obbligo di stabilizzazione del 30% degli apprendisti nelle aziende con più di 10 dipendenti), da un lato circoscrivendo l’applicazione della norma alle sole imprese con più di 50 dipendenti, dall’altro riducendo al 20% la percentuale di stabilizzazione (nel testo originario del decreto-legge gli obblighi di stabilizzazione previgenti erano stati del tutto soppressi; nel testo approvato dalla camera l’obbligo di stabilizzazione si applicava solo alle imprese con più di 30 dipendenti).
Inoltre, viene consentito, per le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano che abbiano definito un sistema di alternanza scuola-lavoro, che i contratti collettivi nazionali di lavoro stipulati da associazioni di datori e prestatori di lavoro comparativamente più rappresentative sul piano nazionale, prevedano specifiche modalità di utilizzo del contratto di apprendistato, anche a tempo determinato, per lo svolgimento di attività stagionali.
Per quanto concerne la semplificazione dei profili formativi, si prevede che la Regione provveda a comunicare al datore di lavoro, entro quarantacinque giorni dalla comunicazione dell’instaurazione del rapporto, le modalità di svolgimento dell’offerta formativa pubblica, anche con riferimento alle sedi e al calendario delle attività previste, avvalendosi anche dei datori di lavoro e delle loro associazioni che si siano dichiarate disponibili, ai sensi delle linee guida adottate dalla Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano in data 20 febbraio 2014 (nella normativa previgente la formazione pubblica regionale era obbligatoria, mentre nel testo originario del decreto-legge era lasciata al datore di lavoro la facoltà di non avvalersene; il testo approvato dalla Camera stabiliva che l’obbligo per il datore di lavoro di integrare la formazione aziendale con l’offerta formativa pubblica venisse meno nel caso in cui la Regione non comunicasse le modalità per usufruirne entro 45 giorni dall’instaurazione del rapporto di lavoro con l’apprendista).
Davvero il decreto lavoro costituisce un passo avanti rispetto alla legge Fornero?
A mio avviso, non si può assolutamente dire che quella legge è meglio di un’altra; ciò vale anche per l’attuale decreto e la riforma Fornero. Ogni legge ha una sua ratio.